KOWLOON

Se avete cominciato a leggere Semuren, o ne avete visto anche solo la copertina, avrete probabilmente cominciato a farvi qualche domanda sulla Città Murata di Kowloon. Si tratta di un'invenzione letteraria, o questo luogo straordinario è esistito davvero?

Il mio personale viaggio tra i meandri di Kowloon è iniziato nel 2012, quando visitai Hong Kong e mi imbattei nelle storie di alcune persone che avevano vissuto nella Kowloon Walled City. Proprio da quell'incontro ho cominciato a sviluppare l'intreccio tra antropologia e fantascienza che ha dato vita al mondo di Semuren.


Kowloon Walled City Park, 2012 © Francesco Vietti


Hong Kong e le guerre dell’oppio

Hong Kong (in cinese 香港,ossia “Porto profumato”) è una città fantascientifica. Con oltre 7 milioni di abitanti è oggi una delle metropoli più globali del pianeta, una megalopoli che ben simboleggia la lunga storia di incontri e scontri tra Oriente e Occidente. La nascita della città è infatti legata al periodo delle tragiche guerre dell’oppio (1839-1842 e 1856-1860): al termine dei due conflitti che sancirono la vittoria dell’Impero britannico sulla Cina, la dinastia Qing fu costretta a cedere le isole e i territori tra il delta del Fiume delle Perle e il Mar Cinese Meridionale dove i britannici stabilirono il loro potere coloniale. Divenuta un porto franco crocevia dei commerci e dei traffici europei in estremo Oriente, per tutto il XX secolo Hong Kong divenne nell’immaginario occidentale sinonimo del mistero e degli intrighi legati al mondo dello spionaggio e delle arti marziali. Meno noto è il fatto che Hong Kong ha anche contribuito, al pari forse solo della Manhattan newyorkese, a forgiare l’immaginazione fantascientifica sulla città del futuro. Il mito fantascientifico di Hong Kong scaturisce in realtà dalle vicende di una porzione della città che oggi non esiste più, la cosiddetta Kowloon Walled City (九龙城寨, Città Murata di Kowloon).


Kowloon Walled City Park, 2012 © Francesco Vietti


Hak Nam, “The City of Darkness”

La storia della Kowloon Walled City nasce in realtà da un cavillo dell’accordo tra l’Impero cinese e quello britannico: il territorio dove sorgeva un forte militare eretto dalla dinastia Qing sulla penisola di Kowloon fu escluso dalla giurisdizione della colonia britannica. Quest’area, situata proprio di fronte all’isola di Hong Kong, divenne così di fatto una terra di nessuno e prosperò sotto il controllo delle Triadi che vi impiantarono le loro attività criminali connesse al gioco d’azzardo, alla prostituzione e al traffico della droga. Nell’arco dei decenni la Città Murata di Kowloon divenne il rifugio di un numero sempre maggiore di persone in cerca di un rifugio o in fuga dalla legge. Gli edifici di quella che tutti ormai chiamavano Hak Nam, la “Città delle tenebre”, crebbero a dismisura, sempre più fatiscenti e sovraffollati, assomigliando vieppiù a una fortezza impenetrabile. Tra gli anni Settanta e Ottanta del Novecento la Città Murata era ormai considerato il luogo più densamente popolato del pianeta: vi abitavano tra le 35.000 e le 50.000 persone (su una superficie di appena 0,03 kmq, pari a più di 1 milione di abitanti per kmq!). Con l’avvicinarsi del ritorno di Hong Kong sotto la sovranità cinese, all’inizio degli anni Novanta venne decretato prima lo sgombero di Hak Nam, e poi la sua totale distruzione, completata nel 1994. Oggi, nel luogo dove sorgeva la brulicante Città Murata, non si trovano che un parco e un piccolo museo che ne ricorda la leggenda. 


Kowloon Walled City Park, 2012 © Francesco Vietti


La “Trilogia del Ponte” di William Gibson 

Anche se non esiste più, la Kowloon Walled City vive ancora nell’immaginario globale sulle città della fantascienza. Non vi è infatti distopia che non si sia nutrita della sua estetica e del suo fascino oscuro. I vicoli bui e umidi, il crimine e il malaffare, la vertigine di palazzi altissimi e decadenti, ma anche la sensazione di totale libertà da regole e leggi, una società anarchica e fuori dagli schemi. L’ambigua fascinazione per i reietti e i fuorilegge della Città delle tenebre colpì al cuore uno degli scrittori più influenti dalla fantascienza del secondo Novecento: William Gibson. Il maestro del cyberpunk, autore del capolavoro Neuromancer (Neurormante, 1984) ebbe modo di visitare la Città murata e ne fu ispirato. Nei romanzi della sua “Trilogia del Ponte” (1993-1999), e in particolare in Idoru (1996), alcuni dei protagonisti appartengono a una comunità hacker chiamata “Walled City” che ha ricreato virtualmente nel cyberspazio proprio la Città Murata. Come lo stesso Gibson scrisse in un suo reportage pubblicato su Wired (1993), Kowloon gli apparve essere un hive of dream, un “alveare di sogni”. 

There was a place near an airport, Kowloon, when Hong Kong wasn't China, but there had been a mistake, a long time ago, and that place, very small, many people, it still belonged to China. So there was no law there. An outlaw place. And more and more people crowded in; they built it up, higher. No rules, just building, just people living. Police wouldn't go there. Drugs and whores and gambling. But people living, too. Factories, restaurants. 
A city. No laws.
William Gibson, Idoru, 1996


Kowloon Walled City Park, 2012 © Francesco Vietti


Il mito della Città murata tra fumetti, cinema e videogiochi

I libri che fanno riferimento alla Kowloon Walled City sono moltissimi, sia in chiave saggistica che narrativa. Ma l’influenza della Città murata va oltre la letteratura e si ritrova espressa anche attraverso altri linguaggi e media. Per quanto riguarda il cinema, ad esempio, la trasposizione più nota di Kowloon si ritrova nel film Batman Begins, diretto da Cristopher Nolan nel 2005. Se nel suo complesso la Gotham City di Batman è modellata sull’immaginario della metropoli americane (in primis New York e Chicago), nel film di Nolan assume un ruolo centrale il quartiere della città denominato The Narrows: e qui, gli stretti, claustrofobici vicoli in cui in cui la vita è più dura e pericolosa che in qualunque altra parte di Gotham sono un evidente riflesso della Città delle tenebre di Kowloon, come spiegato dallo stesso regista.

We approached Gotham as an exaggeration of New York, an exaggeration of a modern American city was to look at interesting geographical features of the cities of the world. From Hong Kong we took the Walled City of Kowloon as the basis for the Narrows, which is this kind of walled-in slum. So what we really did was putting together the elements that let you exaggerate all the socio-economic factors that feed into Gotham.
Christopher Nolan, 2005

Innumerevoli sono poi comics e manga che hanno evocato direttamente o indirettamente la Città murata di Kowloon come setting delle vicende narrate. Si spazia dai “Secret Avengers” dell’americana Marvel (volume 3, numero 4 del 2014) al mondo di “Ghost in the Shell”, saga cybepunk nipponica serializzata a partire dagli anni Novanta prima come manga e poi divenuta anche anime, film e videogioco nel nuovo Millennio. Proprio l’universo dei videogiochi è quello che ha accolto nel corso degli anni il maggior numero di re-invenzioni della Kowloon Walled City. Cito qui come esempio recente e particolarmente originale quello di “Stray”, rilasciato nel 2022, in cui si gioca impersonando un gatto randagio che esplora e risolve enigmi in una Città murata ormai priva di esseri umani e dove si incontrano solo gatti, droni e robot.

E con questo siamo arrivati al nostro presente. Ora, se volete saperne di più sulla Città Murata di Kowloon, non vi resta che leggere Semuren, dove la vedrete rinascere sotto una nuova luce... oppure potete procurarvi l'affascinante volume City of Darkness: Life in Kowloon Walled City, il meraviglioso reportage realizzato da Greg Girard e Ian Lambot nel 1993, poco prima della distruzione della Città Murata.